Un testo inedito.
“Oggi è festa, è il 25 aprile,” disse mamma.
“Che santo è?” chiesi.
Avevo quattro anni e le feste dei santi erano importanti. A tavola spuntava il dolce del santo – l’ultimo, le sontuose sfinci di san Giuseppe.
“Nessun santo, è la festa di tutti gli italiani: si celebrano la caduta del fascismo e la cacciata dei nazisti dall’Italia del Nord,” e mamma mi carezzò il mento, “proprio l’anno in cui sei nata tu.”
Quella cacciata avvenuta nel 1945 mi sembrò un regalo fatto a me, e ne fui fiera. Volevo saperne di più. Mamma disse che uomini e donne coraggiosi chiamati partigiani avevano combattuto insieme contro il nemico; ne erano morti tanti, per dare libertà e uguaglianza a noi. “Per la prima volta, uomini e donne lottarono contro il comune nemico insieme e da pari,” mi spiegò.
Meglio dei santi, questi partigiani maschi e femmine, pensai.
Dopo, e per anni, credetti che i partiti fossero formati da quei partigiani. Guardavo i personaggi politici con ammirazione. Fin quando mio padre non mi chiarì come stavano le cose.
Vivendo all’estero, dove il 25 aprile è un giorno come gli altri, ho dimenticato che in Italia è festa, ma non gli uomini e le donne che hanno dato la vita per liberare l’Italia dal fascismo. Oggi mi domando quanti sono i giovani italiani che sanno chi erano i partigiani e il ruolo delle donne tra questi.